Siamo quasi a metà Quaresima e, puntualissimo, ritorna uno degli eventi più tradizionali di Borgo San Giacomo.
Sappiamo tutti però come nasce il “rito” di “bruciare la vecchia”?
La tradizione di bruciare un fantoccio di forma umana sul finire dell’ inverno, ha radici profonde e remotissime che ci riportano alla preistoria. Secondo gli studiosi, questa cerimonia era un rituale magico per scacciare la cattiva stagione e invocare l’arrivo della primavera. Si trattava di un rito di fertilità e fecondità, praticato dalla nostre popolazione già nel Paleolitico e nel Neolitico, che offrivano alle divinità della natura dei veri sacrifici, anche umani, sostituiti in seguito da fantocci …
Successivamente, questo culto ha trovato la sua collocazione temporale all’inizio dell’anno, quando nelle regioni a clima mediterraneo la bella stagione arriva subito dopo le prime brine invernali.
La “vecia” rappresenta la miseria della stagione passata, la fame, le disgrazie, le malattie, le ingiustizie subite, il rifiuto di un passato negativo, l’augurio d un futuro promettente per la campagna e per la vita.
Con l’avvento del Cristianesimo la tradizione della festa della “vecia” si è confusa con quella della “Mezza Quaresima”, quando la Chiesa, per smorzare i rigori e l’austerità del periodo penitenziale, permette di vivere un giorno di giubilo in vista della festa di Pasqua.
E’ stato probabilmente nel Medioevo che il popolo ha pensato di resuscitare il Carnevale nel bel mezzo della Quaresima e l’antichissimo fantoccio pagano, perso il suo significato vegetativo, è diventato la vittima dello sfogo popolare per il digiuno e l’astinenza, per la primavera che ancora non arrivava, per il granaio vuoto, per l’orto e il pollaio che non davano nulla, per il padrone che non si accontentava mai.
Nulla a che vedere quindi con i roghi di streghe del periodo dell’Inquisizione.